La Cartiera – Pontremoli

IMG_3411 Siamo partiti un fine settimana di giugno. Non avevamo troppe aspettative, se non quella di passare due giorni con Valentina, una compagna di liceo trasformatasi in amica, qualche mese fa. Eh si, perché oggi è tutto molto più chiaro. C’è una luce intorno a lei che ha lottato molto per uscire. Da ragazzina era ribelle, era con noi ma non apparteneva davvero né al gruppo né al luogo. Si faceva sgridare dal professore di chimica perché era distratta, si sentiva a disagio tra la famiglie della Milano bene, pur facendone parte. Faceva gare di scherma, e già quello sport per noi era un gran mistero. Come tanti di noi era in preda a delle forze e a delle energie che stavano plasmando la donna che è oggi. Come per tanti adolescenti, ascoltare i propri istinti voleva dire non uniformarsi alla massa, ed era quindi una grande fatica. Eppure lei resisteva. Ecco, la Vale ha avuto un’adolescenza faticosa, resistente, a tratti condivisa con me: due guerriere un po’ troppo semplici per l’ambiente in cui ci avevano mandato, due boccolose un po’ troppo scalmanate per piacere ai professori. Oggi però, quella fatica è interamente ripagata: dopo dieci anni di Belgio, una me cresciuta e molto più sicura di sé ha ritrovato nella Vale una donna serena, fiduciosa, generosa. Ed è lei che ci ha invitato a La Cartiera. E’ lei che ha deciso di passare un periodo di vita qui, vicino a una parte della sua nuova famiglia, in questo posto magico che si è trovata per caso tra le mani.

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L’incanto è cominciato di notte. I bambini a letto e la curiosità di vedere il giardino. Lo so, tra qualche ora sarà l’alba e vedremo i dettagli dell’ambiente circostante, ma la Vale insiste per uscire nel buio più buio, quel nero silenzioso che solo la campagna sa regalare. Usciamo dalla porta di legno, i bimbi dormono profondamente. Ci muoviamo a piccoli passi. Parliamo a bassa voce. All’improvviso, è silenzio. Davanti a noi una distesa di lucciole, come mai mi era capitato di vederne. Decine, ma che dico, centinaia. Luci intermittenti come nel miglior libro di fiabe. Se da quel buio fosse uscito un elfo, avrei creduto a lui, e agli ufo, e alle sirene marine. Alziamo lo sguardo al cielo. La stellata è densa, lattea, come quelle che vedi in rada in una notte estiva galleggiando su un mare profondo. Eccomi, mi sono innamorata. Torniamo a casa col passo felpato e ringrazio per quei secondi di grazia. La Cartiera mi ha già dato tutto. Sarebbe abbastanza anche così. E invece riserverà ancora molte sorprese.

Il giorno dopo La Cartiera pullula di energia. Quando ci alziamo per fare colazione la Vale è già tornata dalla sua sessione di yoga, è pronta e sorridente per una nuova giornata. Ci porta al fiume Magra, a pochi minuti a piedi. Sulla strada incontriamo i suoi vicini, per la maggior parte gente come noi, cresciuta in città. Ma anche come lei, gente che ha deciso di rallentare, di respirare la stessa aria delle lucciole, di seminare le sue zucchine e di aspettare che cresca l’insalata. Il suo vicino spagnolo ci regala una zucchina lunga quanto il braccio di Dragon, che la trasporta fierissimo come un trofeo di guerra. Bussi al fiume si addormenta, cullata dall’acqua gelida sulle rocce e dalle nostre onde di energia positiva. Il bagno è rigenerante. Quel che sa di montagna, anche se montagna non è, mi riporta sempre alla mia infanzia. L’acqua in movimento. Il freddo sui piedi. La terra. Le rocce. Non c’è niente da fare, a me piace guardare in alto, non lontano. In alto. E la montagna mi risponde sempre. Mi piace quella sensazione di fierezza e di solidità che mi dà la montagna. Tocca corde profonde. Posso mettere piede sull’isola più bella di sempre, ma il mare non riuscirà mai a darmi lo stesso piacere. Lo stesso senso di appartenenza.

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La sera il Micio riprende in mano la chitarra. Noi cantiamo, o almeno ci proviamo, aiutate dai testi sugli iphone. Erano anni che non ci ritrovavamo così, a guardarci negli occhi cantando, e sorridendo, e stonando, e … ognuno perso nei ricordi che le canzoni ti sbattono in faccia. Il Micio torna in una dimensione tutta sua quando suona. Chissà quanto deve aver sognato su quelle corde di chitarra, quando da ragazzo la musica era una risorsa, un vanto, un divertimento. La Cartiera è stato anche questo per noi: ritrovare sensazioni antiche, viscerali, e godersele in tempi morbidi. La città nasconde gli istinti e dà priorità agli impegni.

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La Cartiera ci ha fatto sognare una casa in campagna, per un attimo abbiamo creduto possibile fare un investimento da qualche parte, in un luogo non ben identificato, ma piuttosto isolato. Ora a distanza di qualche settimana siamo già tornati in noi, razionali e lavoratori, cittadini ed efficienti. Ma è cosi bello immaginarsi in nuove identità, vagheggiare. Al ritorno ci si sveglia rinvigoriti, come se si godesse di una marmellata di prugne appena colte, come se una miriade di lucciole ci avessero dato la buonanotte.

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