Ho letto solo il primo dei quattro libri di questa saga. Il mio giudizio quindi su Elena Ferrante potrebbe modificarsi nel tempo, nel caso decidessi di dedicarmi alle letture dei volumi successivi. Ad oggi però, mi interrogo sul successo planetario di questa saga. Mi chiedo con la massima umiltà e apertura mentale che cosa si celi davvero dietro queste righe. Molte, a dir la verità, 400 pagine che ho pensato spesso di abbandonare, che non mi hanno mai fatto sentire vicina alle protagoniste, che ho spesso fatto fatica a riaprire dopo averle chiuse.
Questo romanzo parla di un’amicizia, mi dicono. Beh no, di certo di quello non parla. Mi auguro che nel proseguio Lenù, la voce narrante, abbia modo di costruire un rapporto sincero, sano, privo di competizione, ironico e leggero come solo le vere amicizie sanno essere. Se mai questo romanzo parla di una dipendenza emotiva, intellettuale, psicologica importante di una bambina – poi ragazza – verso un’altra, molto diversa e per lei sempre migliore, intelligentissima, bella come una dea greca, così sicura di sé da risultare ‘cattiva’ dice Elena.
Questo romanzo parla della Napoli del Dopoguerra, mi dicono. Forse, in parte, ma sempre con un velo pesante di distacco: l’autrice non dà mai dettagli sui luoghi, sui negozi, sugli ambienti, ma resta sempre vaga, misteriosa, non permette al lettore di immaginarsi nel Rione ma solo di vederlo in cartolina.
Un libro faticoso, che finisce senza una fine. Forse tagliato per ragioni commerciali, non so, ma io trovo in modo troppo brusco. Le prime duecento pagine davvero difficili da buttar giù, poi migliora ma l’impressione è che qualcosa mi sia banalmente sfuggito, e che io non l’abbia più ritrovato. Pagine stanche, pesanti, infantili in cui non mi sono ritrovata. Eppure io mi considero la stessa di quando avevo 17 anni, c’è un prima e un poi netto per me: una sera a tavola con i miei genitori, qualche parola, tutto ciò che ne è conseguito. E di solito questo mi basta per leggere storie di adolescenti e ritrovarmi. Invece Elena Ferrante non mi ha emozionata, ma ammetto che vorrei ricredermi.